La battaglia del risarcimento del danno

Quanto vale il danno derivante da lesioni personali causate da un incidente stradale o da una responsabilità da errore medico?

Se si tratta di lesioni permanenti fino al 9% il valore dell’invalidità è previsto dalla legge sulla base del rapporto tra l’età dell’infortunato ed il grado di invalidità. Ad esempio un 9% di invalidità di una persona di 30 anni è quantificato in € 16.200,00, se questa persona di anni ne ha 60 il suo danno è quantificato in € 13.500,00.

Questo è il primo dato singolare: l’uomo si deprezza col tempo come le autovetture però almeno c’è un criterio oggettivo che consente di fare dei calcoli concreti senza dover battagliare per elemosinare un risarcimento congruo con le compagnie di assicurazione.

Il problema vero nasce quando le lesioni sono superiori al 9% o, addirittura, vi è la morte.

In questo caso viviamo nel marasma generale poiché, molto spesso, i Tribunali in Italia applicano tariffe diverse e può succedere che una lesione grave del 50-60%, o la morte, abbiano valutazioni grandemente difformi a seconda del Tribunale che decide.

Quindi l’uomo non solo si deprezza col tempo ma il valore cambia secondo il luogo ove ha la sventura di patire il danno fisico.

Meritoriamente il Tribunale di Milano diffonde annualmente delle tabelle di valutazione del danno che certamente costituiscono una bussola per orientarsi nell’incertezza generale. Tali tabelle hanno però un difetto indicano un minimo ed un massimo con una forbice molto elevata. Ad esempio il coniuge di un deceduto può essere risarcito da un minimo di circa € 168.000,00 ad un massimo di € 336.000,00.

Questa discrasia comporta rilevanti difficoltà nelle trattative con le Compagnie di Assicurazione perché loro conoscono solo la quota minima e farli discostare da lì è impresa ardua.

Come risolvere il problema? Occorrerebbe, ma se ne parla da anni e non succede mai nulla, che sulla scia delle tabelle delle lesioni minime 1-9%, vi fossero delle tabelle previste dalla legge che quantifichino tutte le percentuali di invalidità, compresa la morte, in maniera tale da poter favorire gli accordi stragiudiziali con le Assicurazioni senza dover attendere l’esito del processo che come noto dura anni.

Ovviamente le tabelle dovranno ispirarsi ai criteri sino ad oggi individuati dai Giudici senza tener conto delle pericolosissime influenze delle potenti Compagnie assicurative che sono rigorose nel raccogliere il denaro (i cosiddetti premi) ma molto meno quando gli tocca risarcire.

Occorre un sistema tabellare più oggettivo con una forbice meno ampia tra il minimo e il massimo e soprattutto dei criteri tabellari che tengano conto dell’intensità del valore affettivo, come recentemente indicato dal Tribunale di Milano, considerando elementi quali:

  • la sopravvivenza degli altri congiunti della vittima deceduta;
  • la frequentazione di due soggetti in presenza o anche in modalità telefonica o internet;
  • la condivisione di feste e ricorrenze;
  • la condivisione di vacanze, di attività lavorative, di passatempi o sport;
  • l’attività di assistenza sanitaria e domestica prestata alla vittima.

In buona sostanza sono necessari criteri di determinazione del danno che tutelino il cittadino di fronte al superpotere delle avarissime Compagnie di Assicurazione poiché, come mi  insegnava il mio  nonno: “L’avar a l’è cume l’asu ch’a porta ‘l vin e a beiv l’acqua” (L’avaro è come l’asino che porta il vino e beve l’acqua).